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Sfilate: Laura Biagiotti Autunno Inverno 17/18

Per Laura Biagiotti abiti come opere d'arte. La collezione è un ossimoro che vede coesistere nel guardaroba la perfezione di Canova con la destrutturazione di Burri.

Abiti per le donne, pensati per soddisfare ogni vanità. Come dice la stessa Laura Biagiotti “il bello della moda è proprio questo: ci affanniamo a cercare significati, mobilitare memoria e immaginazione e i risultati restano comunque molteplici poiché la ricerca del messaggio dell’abito è tendenzialmente senza fine.

Per la creazione dei miei capi mi ispiro ad una donna che cerchi nell’abito un comportamento che l’appaghi, fatto di valore intrinseco, comfort e lunga durata. Mi interessa l’idea dell’abito dinamico, non appeso alla stampella nell’armadio o appoggiato sulla seggiola ai piedi del letto la sera, abbandonato come un oggetto senza vita.

L’abito è espressione comportamentale del nostro modo di essere per esprimerci al meglio o anche, al contrario, come il nostro modo di non-essere per nasconderci o proteggerci o camuffarci. Il dualismo del sé è sempre al femminile”.

E la sfilata è un trionfo di mix, Formale/Informale. È la stagione della metamorfosi, in una società che vede le donne interpretare una pluralità di ruoli, Laura Biagiotti pone l’accento sulle lavorazioni sperimentando tecniche e materiali in inediti collages.

Tela e filo assumono un potere anche metaforico nella composizione e nella scomposizione, creano intrecci, nodi, trame ma anche smagliature e trasparenze.
Cashmere e seta, velluto e pizzo, eco-pelliccia e chiffon, paillettes e juta, colli a gorgiera e spalle nude: si rincorrono i contrasti, i volumi sfidano la pesantezza della materia e le leggi dello spazio. Linee strutturate e drappeggi molli per abiti che diventano una seconda pelle, un’estensione del corpo che permette di essere contemporaneamente rigorosa e seducente.

Negli accessori gli occhiali hanno montature iper-geometriche e lo specchio sulle aste: filtrano e amplificano, sono maschera, atteggiamento ludico, gratificazione e rivelazione, diventano manifesto di identità. La moda è strumento di connessione con sé e con l’altro, forma e idea, decoro e guscio.

Abiti come opere d’arte, la collezione è un ossimoro che vede coesistere nel guardaroba la perfezione di Canova con la destrutturazione di Burri.

Ovvero la nuova Dea dal classicismo alla contemporaneità. I toni naturali e pietrosi delle stampe sfumano le sculture canoviane con l’effetto craquelé dei cretti Burri, concedendo un’interpretazione culturale e comportamentale. Abiti spazialisti di seta con le punte convivono con cappotti di panno stampato dal collo sciallato. Suggestioni naturalistiche si incrostano su tele di juta nell’imprimè che mescola la materia grezza con languide rose.

Trench di pizzo, collages di velluti, patchworks di paillettes, macramè dorati, ricami tridimensionali con pietre cangianti, intarsi di panno su toulle trasformano la sera in un vernissage continuo. Accostamenti inediti negli accessori rendono il bisogno di andare oltre le cose, facendole convivere in nuove composizioni: cinture drappeggiate donano un tocco di romanticismo ad abiti e cappotti scolpiti. Pellami metallizzati effetto cretto definiscono sia il sandalo che lo stivale e la scarpa maschile.

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