Se Pierantonio Gaspari potesse descriversi da solo, si direbbe un predestinato e un appassionato. In realtà, non è solo questo: è un volontario della sperimentazione che fin da bambino gira tra i telai della lavorazione di maglieria dell’azienda fondata dai suoi genitori. Con lo sguardo ne cattura i segreti, gli inghippi, i trucchi. Con la mente osserva gli sviluppi, le meraviglie che aghi e bobine riescono a produrre. Ne resta affascinato tanto che subito dopo la fine delle scuole superiori chiede al padre di potersi occupare di stile: vuole imprimere la propria fantasia su un prodotto di moda. Disegna maglieria, ne segue la realizzazione, sviluppa suoi progetti per migliorare tecniche e strutture.
Non solo e non più solo maglieria. Il suo stile, personale, autentico addirittura e a tratti sperimentale, vuole che la maglia si trasformi, che diventi abbigliamento tout-court, che si mescoli e faccia un tutt’uno con il tessuto. Nessun limite, nessun ostacolo. Anche le macchine possono adattarsi alla sua fantasia. Che, dopo pochi anni, si trasforma in una realtà: le sue collezioni, oltre a guarire la maglieria dalla sindrome dell’accessorio, sono diventate un successo commerciale. Che, come solo raramente accade, sono apprezzate anche dalla critica.
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