Sono passati venti anni esatti.
“Mi sono lasciato prendere dal gioco della rivisitazione, ma, ancor più, dagli intrighi che nascono dalle contaminazioni materiche, con risultati che puntano all’originalità e alla novità, senza però dimenticare la lezione fondamentale della sartorialità, delle costruzioni studiate ed accurate. Concedendomi il piacere di qualche calcolato eccesso che regala alla collezione vibrazioni inconsuete”
Gaetano Navarra
Sono numerosi i segni che rimandano ad un passato che si può collocare, tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70. a partire dalle lunghezze, quelle delle gonne decisamente corte che spuntano dai cappotti “midi”. Oppure dalla conformazione dei pantaloni, più rari rispetto alle gonne, che si allargano al fondo.
Tra i protagonisti assoluti, le lane fantasie dei tailleur “chanel”, virate in misure e proporzioni differenti, da micro a macro, che costruiscono giacche, abiti, cappotti, gonne, completati da ruches tagliate al vivo, da macro-borchie argentee, che sono quasi un leit motiv. in alternativa, la gonna di pelle con catene quasi punk, da indossare su una dolcissima blusa in crêpe di seta color nudo. pizzo e texture a stuoia sono altri protagonisti ricorrenti: nell’abito in cui il pizzo si alterna al tessuto coprente, nel giubbino, anch’esso in pizzo, con le maniche a raglan rientrate. Maglia tricottata e catene si mischiano, come i patchwork di tweed, le stampe leopardo, le materie argentate. argentate e “forti” sono anche le collane ad anelli grossi e boule…
Nel cappotto convivono tweed, lurex, pizzo, lana matelassé. nel montgomery, pelle, pizzo e tweed. il trench ha le maniche in jacquard di seta; gonne e abiti acquistano prestanza e volumi grazie a drappeggi e volant, l’abito in maglia a piccoli squarci ha un filo passante che è un vero artificio tecnologico. Talora le borchie, di misure differenti, prendono il sopravvento, ridisegnano mini-abiti e gonne “armatura” in cui le borchie sormontano strati di plissé lievi. sul tweed risaltano paillettes piegate e bruciate.
Audaci le scarpe, con un vertiginoso tacco da 20 cm, che “non si vede” perché è color carne, mentre il piede è avvolto da fasce di daino che si annodano a fiocco appena sopra il tallone.
il gioco di rimando tra nero e carne governa il panorama cromatico, con l’eccezione dell’argento, qualche sprazzo di bronzo, tocchi più che discreti di blu in un collo di pellicce e bordeaux in una blusa.
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