Morto ancora prima di ‘nascere’ il marchio italiano di moda più famoso in tutto il mondo: a lui un film e una storia colossale non hanno evitato la discesa disastrosa del tempo.
Alcune storie sono destinate a rimanere nel tempo nei ricordi di tutti noi, altre un po’ meno. Al contempo c’è chi deve lottare con i gomiti per rimanere a galla prima di cadere in quel mare tumultuoso di dimenticanza, vuoi perché non ne può più, vuoi perché ad oggi il mondo dello spettacolo tutto è questo: riuscire ad adattarsi e a rimanere a pelo d’acqua con i denti stretti. Nessuno è esente da questo vero processo di trasformazione e invenzione, questo è poco ma sicuro, neppure noi comuni mortali lo siamo.
Basta anche solo l’intromissione nel team di un nuovo professionista per poter ‘annullare‘ il nostro processo creativo, l’impegno di anni e anni composti da fatica e sudore(certo, non è sempre così e mai lo sarà). Eppure il settore della moda sembra ancora una volta vedere la morte di un marchio italiano molto importante. Stavolta ancor prima di ‘nascere‘, i frutti ci sono stati, tuttavia senza apprezzamenti da nessuno. E a due passi dalla Fashion Week, il danno potrebbe essere esponenziale. Ma a chi ci stiamo riferendo? Un nome grosso, un nome importante. Un nome di lusso italiano.
Il marchio italiano di moda per eccellenza non funziona più? L’addio è ufficiale: perde ancora
Come detto, rimanere a galla è un percorso sempre di più difficile, specialmente quando l’era cambia, cambiano le percezioni dello stile, delle forme e delle body shapes. Sapersi re-inventare e coordinare nuovi dettami di moda ad oggi è più complesso di quanto non lo fosse sino ai quarant’anni fa. Se una cintura nel 1970 poteva essere quel valore aggiunto esclusivo a un look, ad oggi basta una controtendenza per gettare all’aria migliaia di euro e puff, sparisce tutto miseramente. E purtroppo sembra essere accaduto proprio a un marchio italiano di moda più importante per il Belpaese, passato alla storia per il suo grande savoir-faire, i presunti omicidi, le gelosie più sfrenate.

Due giorni fa soltanto Sabato De Sarno ha annunciato di non essere più il direttore creativo di Gucci: una doccia fredda arrivata a ridosso della Fashion Week in cui la collezione stessa della maison avrebbe falcato la passerella. E a comunicarlo è il De Sarno sui social personali, il CEO Gucci e tutta l’amministrazione. Ma cosa non ha funzionato nuovamente? Sicuramente prendere in mano le redini di un’eredità come quella lasciata da Alessandro Michele dopo sette lunghi anni di arte e moda divina non sarà stato facile. Anzi, lo stile micheliano sembra aver rinfrescato le pareti interne della stessa Gucci, sferzando veri colpi da 100.
La sua visione futuristica, quello stile precedente spogliato, ridotto allo scarno e poi rivisitato totalmente non aveva solo permesso a se stesso di dare uno smacco a tutti, ma ha fatto schizzare il fatturato di Gucci dai tre ai ben dieci miliardi di euro. E Kering, l’attuale azienda che possiede non solo Gucci stessa, ma anche Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga e Alexander McQueen, sperava che con De Sarno il lascito di Michele potesse acquisire quel valore aggiunto, ma così non è stato.
Sabato è un fenomeno nel suo talento, un visionario dell’eleganza, dello charme e del portamento: in ogni suo capo c’è la riscoperta della geometria Valentiniana(che lo ha visto collaboratore al fianco del Piccioli), la freschezza giovanile di Prada, la cultura maniacale di Armani. C’è tutto nel suo pacchetto, fuorché Gucci. Già dalla prima collezione firmata De Sarno nel 2023 vi era stato un ritorno viscerale a blazer, gonne, cappotti e pantaloni, niente più niente di meno. Colori leggermente più appassiti rispetto a quelli Micheliani, seppur fortemente evocativi e chic.
Ci si chiede tuttavia quale sia in questo momento il ‘problema di Gucci‘. Forse tutto il dolore di un giovane come Sabato che, insieme ad altri giovani, faticano a vivere in un mondo che richiede personalità senza dare loro possibilità di trovarla davvero perché bisogna correre. Forse semplicemente l’incapacità di rinascere da quello stile contenuto e classico di Maurizio. Forse semplicemente perché tutto ha una fine e un nuovo inizio, questo non lo sappiamo. Ciò che è certa è la data dell’11 febbraio: in questo giorno sapremo quanto De Sarno sia valso all’azienda in termini di ricavi. Anche se a nostro parere, vi è già stata una perdita importantissima.