Sta girando una nuova teoria di stile chiamata “regola dei 7 punti”: un modo curioso e concreto per comporre look più bilanciati usando solo ciò che abbiamo già nell’armadio.
In un momento in cui tutto sembra volerci semplificare la vita, anche la moda prende la sua scorciatoia. Ma invece di toglierci il gusto del dettaglio, ci propone un modo diverso di ragionarci sopra. Sembra un gioco, e forse lo è. Ma dietro c’è anche un tentativo di mettere ordine nel caos del nostro armadio. La regola dei 7 punti non è una di quelle formule che cercano di renderci tutti uguali, ma piuttosto una lente attraverso cui guardare i vestiti con un occhio più sveglio.
Capita a tutti di uscire di casa con la sensazione che manchi qualcosa. Quella cosa che fa sembrare l’insieme più armonico, più risolto, senza sapere bene perché. In un contesto dove l’accumulo ha stancato e il minimalismo estremo ha perso fascino, questa piccola teoria nata online si è fatta largo. Ha un suo senso, proprio perché non ha bisogno di nuove cose per essere messa in pratica. Parte da quello che già abbiamo.
7 punti per trovare l’equilibrio tra istinto e intenzione nei nostri outfit quotidiani
La regola dei 7 punti, prima di finire nei guardaroba, nasce nel mondo del marketing: servono almeno 7 contatti con un marchio prima che una persona inizi a fidarsi e, magari, a comprare. Da lì, il salto nella moda è stato breve. Il principio è semplice ma ha il suo peso: ogni capo ha un valore numerico, e un outfit “ben fatto” dovrebbe raggiungere un totale di 7. L’idea non nasce da un algoritmo, ma da un’osservazione: chi ha stile spesso dosa in modo naturale capi semplici e dettagli più visivi, senza esagerare da nessuna parte. Il numero 7 diventa quindi una soglia di equilibrio, una specie di indicatore informale.

Se una T-shirt bianca vale un punto e un blazer stampato due, è chiaro che il gioco è trovare la giusta combinazione. Non è difficile immaginare come tutto questo si sia diffuso su TikTok ma il fatto che sia diventato virale non toglie valore al concetto. Anzi, lo rende interessante proprio perché parte dal basso. Non c’è bisogno di comprare nulla. Basta un po’ di attenzione in più nel decidere cosa mettere insieme. Questo approccio aiuta anche a dare un senso a quei pezzi che tendiamo a trascurare.
Il gioco funziona perché allena lo sguardo. E funziona ancora meglio quando si capisce che i punti non sono fissi. Non c’è una tabella rigida, ma una sensibilità che si affina. Una felpa oversize non avrà lo stesso impatto di una giacca sartoriale. Lo stesso vale per gli accessori: un paio di orecchini discreti non valgono quanto una collana vistosa. Ma il senso resta lo stesso, accumulare troppo appesantisce. Restare sotto un certo livello rischia di far sembrare tutto un po’ piatto.

Ma nella pratica, come funziona? Nell’abbigliamento ogni capo dell’outfit ha un valore, e il totale ideale si aggira tra i 7 e i 10 punti. Sotto si rischia la noia, sopra l’eccesso. Funziona così: un punto va ai pezzi basici, quelli semplici e senza dettagli forti, come una t-shirt bianca, un paio di jeans dritti, una giacca neutra, scarpe sobrie. Due punti invece se li meritano capi più caratterizzati, con stampe, volumi insoliti o colori forti. Lo stesso vale per gli accessori: una borsa vistosa o scarpe particolari possono alzare il punteggio anche da sole.
Il punto non è vestire di più, ma vestire meglio. Anche chi ama le uniformi minimal può usarla. Un outfit total black composto da pezzi di tagli diversi o materiali contrastanti avrà comunque una ricchezza visiva. È qui che la regola diventa utile. Dà un criterio a chi cerca coerenza ma non vuole apparire sempre uguale. Soprattutto in un momento in cui il desiderio di leggerezza si scontra con l’ansia di scegliere bene.
Quello che piace di questa teoria è che si può personalizzare. C’è chi la usa come sfida quotidiana, chi solo quando ha bisogno di un look che funzioni senza doverci pensare troppo. Nessuno dice che serva a tutti. Ma in un’epoca in cui il senso del vestirsi si è un po’ perso tra eccessi e repliche, una piccola guida può fare la differenza.