Maggio è quel momento dell’anno in cui ti svegli, apri l’armadio e ti fermi a guardarlo come se fosse un rebus. Hai freddo, poi hai caldo. Parti con un cappotto, torni a casa col desiderio di infilarti sotto la doccia.
Il tempo cambia ogni sei ore e il corpo lo sente tutto, soprattutto nei vestiti che scegli. Io, ogni anno, arrivo carica di buone intenzioni. Penso di aver previsto tutto, di avere il capo giusto per ogni sfumatura di cielo. Ma poi la realtà è un’altra. Ci sono abiti che si rivelano fuori luogo già a metà mattina, tessuti che sembrano fatti apposta per intrappolare il disagio, e tagli che non riescono più a starmi addosso come ricordavo.
Questa transizione tra la mezza stagione e il caldo vero ha un modo tutto suo di mettere in discussione quello che credevi fosse versatile. Capita di affezionarsi a certi pezzi solo per scoprire, ogni anno, che non riescono più a reggere il ritmo. E allora si cambia. Non per rincorrere l’ultima moda o per principio, ma perché il corpo e l’umore chiedono un altro tipo di risposta. Capita anche il contrario: capi che sembravano banali si rivelano perfetti, fedeli, risolutivi.
Cosa ho smesso di indossare a maggio e perché
Ci sono capi che, per un certo periodo, sembrano indispensabili. Il blazer strutturato, ad esempio. L’ho considerato per anni un salvagente. Perfetto sopra tutto, adatto a ogni occasione. Ma in questo mese che parte fresco e arriva bollente, comincia a sembrare una corazza. Il colletto che stringe, la fodera che trattiene il calore. Lo metti la mattina e già verso le undici ti domandi perché. Così ho iniziato a evitarlo. Al suo posto, giacche leggere che seguono il corpo senza costringerlo.
E poi ci sono i jeans, quelli scuri, compatti, perfetti d’inverno. A maggio non ce la fanno più. Sembra di indossare un blocco unico, e il colore scuro attira il sole senza pietà. Quelli chiari, più larghi, sono un’altra storia. Li senti diversi appena li indossi. Lasciarli andare non è stato un dramma, è stato naturale. Al loro posto, pantaloni in cotone morbido, quelli che non segnano e che si muovono con te. Anche il lino ha ripreso spazio, con tutti i suoi difetti: si stropiccia subito, sì, ma è una stropicciatura onesta.

Le scarpe invernali, soprattutto le sneakers imbottite, sono il terzo capitolo di questa revisione. Le ho amate, mi hanno portata ovunque. Ma appena le giornate si allungano, diventano un ostacolo. Ti trovi a camminare con la sensazione che i piedi stiano protestando. Le ho lasciate indietro senza sensi di colpa. Adesso preferisco scarpe leggere, anche chiuse ma con una forma più essenziale. Mocassini morbidi, ballerine che si piegano con il piede, sandali chiusi in punta che proteggono ma fanno passare l’aria.
Un’altra cosa che ho smesso di fare è quella specie di attaccamento per i capi che non ho ancora messo quest’anno. Hai presente quel pantalone un po’ rigido o quella camicia sintetica che resta appesa perché devi dargli almeno una possibilità? Ecco. Non lo faccio più. Se anche solo a guardarlo mi viene da sudare o da sbuffare, quel capo resta dov’è. Magari va via.
Cosa invece rimetto sempre (e con piacere)
A maggio, invece, ci sono quei pezzi che tornano sempre. E li riconosci subito, appena li rimetti. Le camicie di cotone ampio, ad esempio. Fresche, semplici, versatili. Le metti sopra un top, le lasci aperte, le annodi. Stanno bene con tutto e soprattutto ti fanno stare bene. I pantaloni chiari, larghi, in beige o sabbia. Hanno quel potere sottile di farti sentire ordinata senza sforzo. Le t-shirt bianche, anche quelle, sembrano niente e invece sono fondamentali. Le metti sotto qualsiasi cosa e fanno da base a tutto il resto. Con un paio di orecchini grandi o una borsa a spalla, sono già un look.

Anche le gonne midi giocano la loro parte. In cotone o lino, si adattano al clima che cambia. Non fanno sudare, non fanno congelare. Stanno bene con le scarpe giuste, anche le stesse di cui parlavamo prima. E sono facili da portare anche nei giorni in cui non hai voglia di pensare. Maggio è così: non ti lascia spazio per la teoria, devi affidarti a quello che funziona davvero. E certe gonne, ogni anno, si confermano una scelta intuitiva.
Lasciare andare certi capi, alla fine, è un modo per dire: “questo non mi serve più, almeno per adesso”. E in quel piccolo spazio liberato, rientrano le cose che ti fanno respirare meglio.





