Quando un braccialetto si rompe da solo o una collana cade senza motivo apparente, la tradizione interpreta il gesto come un segno dal significato specifico.
Mi si è rotto un braccialetto al polso mentre ero seduta a un tavolino, in pieno centro, a metà pomeriggio. Nessun gesto brusco, nessun urto, solo il filo che ha ceduto all’improvviso, lasciando cadere le perline sul pavimento come se stessero fuggendo da qualcosa. La persona seduta accanto a me ha fatto un’espressione tra il dispiaciuto e il distratto, con quel tono da può succedere, mentre io lo guardavo come se fosse appena scoppiata una cosa seria. Perché se sei nata e cresciuta a Napoli, sai che certi oggetti non si rompono mai davvero per caso.
Quella non era solo una collana di pietre colorate o un piccolo accessorio da tenere al polso. Era qualcosa che portavo sempre, ogni giorno, senza pensarci più di tanto. Ma quando si spezza da sola, quando cade senza motivo, quando si stacca nel silenzio di un momento tranquillo, da noi si sa che è successo qualcosa. Non ti prende mai il panico. Non ti arrabbi per averla persa. Ti fermi. E respiri. Perché, magari senza rendersene conto, ti è stato appena tolto un peso che non era tuo. È un modo di leggere il mondo che da noi è naturale, una cosa che ti viene passata da piccola, senza nemmeno che ti venga davvero spiegata.
Rottura di una collana o un ciondolo: protezione, passaggio o segnale?
Quando una cosa del genere accade, soprattutto a Napoli, non abbiamo bisogno di cercare il significato: lo sappiamo. Sappiamo che un braccialetto può assorbire uno sguardo storto, una parola tagliata male, una tensione che stava per colpirci e invece si è fermata lì. Il concetto non è complicato, anzi è quasi fisico. Gli oggetti che indossiamo, quelli che stanno a contatto con la pelle, con il cuore, con il respiro, funzionano un po’ come dei filtri. Trattengono, proteggono, a volte si sacrificano.

Questa credenza ha radici antiche, che vanno ben oltre la nostra città. In tutta l’area del Mediterraneo c’è una cultura profonda attorno all’idea che qualcosa ci guardi, che qualcosa ci tocchi anche senza toccarci davvero. L’occhio turco, il cosiddetto Nazar, funziona nello stesso modo. È una medaglione blu, tonda, che si porta per tenere lontano il malocchio. E se si rompe, non porta sfortuna. Al contrario. È il segnale che ha fatto il suo dovere. Ha ricevuto qualcosa che era destinato a te, l’ha deviato e poi si è rotto. Si ringrazia, si cambia, si continua.
Poi ci sono le pietre, le collane con i cristalli, i bracciali energetici. Anche se sembrano una cosa più recente, legata al benessere o al feng shui, in fondo seguono la stessa logica. Le pietre assorbono. Quando si rompono da sole, spesso è perché hanno finito il loro ciclo, oppure perché hanno raccolto troppo. È come se ti stessero dicendo che quello che potevano fare, l’hanno fatto. Non c’è da spaventarsi. Si accetta, si prende atto, si volta pagina. A volte ci si sente persino più leggeri dopo, anche senza capire bene perché.

La stessa cosa succede con i simboli religiosi, che hanno un altro tipo di valore, ma una funzione molto simile. Una medaglietta che cade o un crocifisso che si spezza. Per alcuni è un segnale spirituale, per altri solo un momento in cui qualcosa si è rotto per evitarci qualcosa di peggiore. C’è sempre questa idea che un piccolo danno abbia evitato un danno grande.
Il corno napoletano, quello rosso, sottile e un po’ storto, lo lascio per ultimo in questa trattazione. A Napoli non c’è casa che non ne abbia almeno uno, anche se piccolo, anche se dimenticato. Quello autentico, di corallo o d’argento, si regala con intenzione precisa, spesso in occasioni che segnano un passaggio: una nascita, una nuova casa, un lavoro. E quando si rompe, si dice che abbia fatto il suo dovere, che abbia bloccato qualcosa di brutto prima che arrivasse.
Certo, c’è chi ti dice che è solo usura, che i materiali cedono, che le chiusure si stancano. Ed è anche vero. Ma quando vivi in un posto dove ogni gesto ha un significato e ogni segno può avere una lettura diversa, la realtà si riempie di sfumature. E in fondo, anche se fosse solo un caso, che male c’è a vederci qualcosa di buono? Come si dice: non è vero ma ci credo!