Guerra agli influencer: arriva la multa se si pubblicizza un certo marchio

Si prepara una stretta sull’ultra fast fashion e chi lo promuove: arriva una legge che vieta agli influencer di pubblicizzare alcuni brand, introducendo multe e tassazioni ambientali.

Chi lavora nella moda, chi la vive tutti i giorni online e offline, non può più far finta di nulla: il legame tra ultra fast fashion e pubblicità social sta scricchiolando. In Francia hanno fatto un passo deciso, forse anche provocatorio, ma di certo inevitabile. Un nuovo disegno di legge mette nel mirino gli influencer, proprio loro, i protagonisti dei famosi haul infiniti, dei pacchi unboxing con vestiti piegati come origami e codici sconto urlati in camera.

Ora, se questi contenuti riguardano marchi come Shein o Temu, si rischia una multa. In mezzo ci siamo noi, professionisti del settore, consumatori consapevoli, stilisti indipendenti, fotografi, buyer. Siamo tutti coinvolti, anche se in modi diversi. È un discorso che tocca il modo in cui si costruisce oggi l’immaginario della moda. Il fast fashion non è più solo un’opzione economica ma un sistema che ha riscritto tempi e logiche. Ecco perché la decisione della Francia crea rumore: non solo per quello che dice, ma per quello che implica.

Temu, Shein e la promozione social che rischia multe

Il Senato francese ha approvato un testo che mette un freno, e questa volta non è un appello etico, è proprio una questione legale. Si parte da un dato semplice: marchi come Shein e Temu non solo producono a ritmi forsennati, ma spingono a un consumo bulimico che ha un costo umano e ambientale altissimo. Fino a ieri era tutto permesso. Da domani, molto meno.

Il provvedimento prevede due cose: la prima riguarda l’impatto ambientale dei prodotti, che verrà misurato con un sistema di punteggio, una sorta di eco-score. L’altra invece punta dritto alla comunicazione, cioè alla pubblicità fatta dagli influencer. Se promuovono questi brand, rischiano multe. È la prima volta che viene imposto un limite così netto al ruolo degli influencer in questo campo. E non parliamo solo di grandi nomi, ma anche di profili più piccoli che campano di codici sconto e collaborazioni dirette.

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Temu, Shein e la promozione social che rischia multe – foto Ansa – sfilate.it

Il mondo della moda non ha reagito in modo uniforme. Da una parte c’è chi applaude, dall’altra chi solleva dubbi. Il testo, infatti, colpisce solo alcune piattaforme, quelle asiatiche, lasciando fuori nomi europei come Zara, H&M, Kiabi. Una scelta precisa, non casuale, motivata dal fatto che si vuole tutelare l’industria interna. Ma questo ha aperto discussioni: davvero basta la provenienza per stabilire cosa è sostenibile e cosa no? Chi lavora nel settore sa che il fast fashion europeo, per quanto più regolamentato, non è sempre un esempio virtuoso.

Dietro le quinte, le cose sono molto più complesse. La senatrice Valente Le Hir ha detto chiaramente che si tratta di una scelta strategica. Difendere ciò che resta delle industrie locali, in un contesto in cui colossi cinesi muovono numeri cento volte superiori. Il punto però è un altro: questa legge rappresenta una presa di posizione, una direzione netta. Per ora riguarda la Francia, ma è difficile pensare che resti un caso isolato.

Il settore del fashion marketing sta vivendo un momento di scossa. Le strategie cambiano, si cerca di capire come comunicare senza finire nel mirino. Alcuni influencer stanno già rimuovendo contenuti, altri si stanno facendo consigliare da legali o agenzie specializzate. L’incertezza è alta, soprattutto perché la legge deve ancora passare alla fase finale di approvazione e poi essere notificata alla Commissione Europea.

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