Lacoste e il coccodrillo: la sconfitta che ha creato un’icona mondiale

Nel mondo della moda, alcuni loghi entrano nell’immaginario collettivo senza mai uscirne. Sono più che simboli, diventano identità visive che raccontano storie.

Quella del coccodrillo Lacoste è una delle più affascinanti. E non è nata a tavolino o in una riunione marketing. Ha origine da una sconfitta, da una valigia, da una sfida sul campo da tennis. René Lacoste, prima di diventare imprenditore e stilista, era un ragazzo con il pallino per la precisione, per lo stile e per le regole. E forse è proprio da lì che si capisce come quel piccolo rettile sia riuscito a diventare una firma riconoscibile ovunque, senza mai urlare.

Tutto comincia negli anni ’20, in un’epoca in cui lo sport si stava trasformando in spettacolo e il tennis diventava sempre più simbolo di classe. Lacoste si stava facendo un nome, non solo per il suo talento ma per l’atteggiamento ostinato e meticoloso con cui affrontava ogni partita. Non era il più potente, né il più atletico, ma era costante, preciso, strategico. Come un coccodrillo. Quel soprannome, nato quasi per caso, sarebbe diventato un’eredità che ancora oggi attraversa generazioni.

Dal tennis alla moda con il marchio Lacoste: perché il coccodrillo è diventato un’icona di stile

Il vero punto di svolta arriva a Boston nel 1923, quando Lacoste si trova in tournée con la squadra francese per la Coppa Davis. Mentre passeggia davanti a una vetrina, si innamora di una valigia in pelle di alligatore. Fa una battuta al capitano della squadra: se vinco il prossimo match, me la compri. Non vince.

Ma un giornalista americano, venuto a conoscenza dell’aneddoto, inizia a chiamarlo “The Alligator” nei suoi pezzi. Tornato in Francia, la stampa adatta il soprannome a “Le Crocodile” e il nome resta. Ma la cosa più interessante è che René non se ne infastidisce, anzi, ne fa un segno distintivo.

René lacoste
Dal tennis alla moda con il marchio Lacoste: perché il coccodrillo è diventato un’icona di stile – foto lacoste.com – sfilate.it

Qualche anno dopo, l’amico Robert George gli disegna un piccolo coccodrillo stilizzato da ricamare sulle sue giacche da tennis. Nessuno lo sa ancora, ma è la prima volta che un logo appare visibilmente su un capo d’abbigliamento. Siamo lontani anni luce dal branding esasperato di oggi, eppure quello che Lacoste fa è pionieristico. Il coccodrillo non è solo un decoro. È un simbolo di tenacia, di rigore, di identità sportiva trasformata in linguaggio visivo.

Nel 1933, quando fonda ufficialmente il suo brand con il socio André Gillier, quel logo è già pronto. Il coccodrillo è lì, piccolo ma netto, ricamato sul petto delle polo. La sua presenza non è decorativa, è narrativa. Racconta una storia vera, un aneddoto diventato segno, e questo lo rende più credibile di qualsiasi strategia. È questo che lo differenzia da molti altri simboli nati in seguito, spesso privi di anima o scollegati dal vissuto di chi li indossa.

Polo lacoste
Il significato del logo Lacoste oggi – foto lacoste.com – sfilate.it

La forza del marchio Lacoste sta anche nella sua coerenza. Il coccodrillo non è mai cambiato troppo. Ha resistito a ondate di logomania e minimalismo. Ha saputo attraversare decenni restando riconoscibile, ma senza diventare invasivo. Lacoste ha mantenuto uno stile sobrio, sportivo, elegante. Le sue polo sono entrate nel guardaroba di tutti, dai tennisti ai creativi, dai dirigenti agli skater. E quel logo non ha mai perso significato, perché ha radici profonde.

Raccontare oggi la storia del coccodrillo significa parlare di come un gesto personale possa trasformarsi in un linguaggio globale. Non si tratta solo di branding, ma di memoria, identità, stile. Lacoste non ha scelto un animale per capriccio. È stato il tennis, la stampa, l’amicizia, la moda a renderlo eterno. Ed è per questo che, a distanza di un secolo, quel piccolo logo ricamato continua a dire molto di chi lo indossa.

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