Ecco cosa sono riuscita creare con gli avanzi della lana: resterai sorpreso - sfilate.it
A casa mia ci sono sempre gomitoli mezzi finiti. Lana avanzata da progetti mai terminati, colori troppo belli per buttarli ma troppo pochi per farci qualcosa di grande.
Li tengo in una scatola, con l’idea che prima o poi mi serviranno. Poi passano i mesi, e restano lì, morbidi ma inutilizzati. Un pomeriggio d’inverno, mentre sistemavo il tavolo, mi è venuto in mente che potevo usarli in modo diverso. Non per un maglione o una sciarpa, ma per un piccolo esperimento. Ho trovato una vecchia vaschetta di polistirolo, di quelle che si usano per la frutta, e mi è venuto un pensiero buffo: e se la trasformassi in un telaio?
Mi sono messa a fare prove senza grandi aspettative. All’inizio il filo scivolava, le fessure si rompevano, la lana sembrava troppo spessa. Ma più andavo avanti, più il gesto diventava naturale. Mi sono resa conto che quel materiale, così fragile, era perfetto per tenere in tensione i fili. È stato un piccolo colpo di fortuna: con un po’ di pazienza, ho creato una base solida, ideale per lavorare all’uncinetto. Da lì è nato un oggetto che non avevo previsto, semplice ma utile, fatto solo di scarti e di qualche idea improvvisata.
Con un taglierino ho creato delle fessure leggere, giusto quanto basta per far passare il filo senza romperlo. Il profumo della lana, il rumore secco del polistirolo che si taglia, tutto sembrava parte di un piccolo rituale domestico. Poi ho annodato la prima estremità del filo e ho iniziato ad avvolgerlo lungo la vaschetta, facendolo passare nelle fessure come se stessi tendendo una mini arpa.
I fili si incrociavano e la struttura prendeva forma. A quel punto ho capito che avevo creato un vero e proprio telaio, rudimentale ma efficace. Con l’uncinetto ho cominciato a lavorare tra una nervatura e l’altra, facendo maglie basse, lentamente, fino a ottenere una base compatta. Il suono del filo che scorre, il ritmo regolare delle mani, avevano qualcosa di ipnotico. Mi sono trovata a sorridere senza motivo, come succede quando un’idea funziona meglio di quanto sperassi.
Una volta completata la base, ho tolto con cura il lavoro dalla vaschetta. Il polistirolo aveva mantenuto la tensione perfetta, e il pezzo era uniforme e stabile. Ho nascosto le estremità del filo e ho iniziato a rifinire i bordi con un punto più decorativo. Senza rendermene conto, avevo creato un piccolo poggiatazze, colorato e resistente, con una texture morbida che sembrava fatta apposta per la mia tazza preferita. Ho pensato a quanti oggetti si possono creare partendo da materiali che di solito finiscono nel cestino: portachiavi, sottobicchieri, piccole tovagliette, persino copertine per vasi o barattoli. Ogni avanzo di lana racconta una storia, e usarlo così la prolunga un po’.
Questo tipo di lavoro è intuitivo, richiede più curiosità che tecnica. È un modo per rallentare e fare qualcosa con le mani, senza la pressione di un risultato perfetto. Ho iniziato per caso, ma ora tengo sempre un piccolo angolo dedicato a queste prove. Uso colori diversi, combino fili di spessori diversi, sperimento. La vaschetta di polistirolo è diventata il mio telaio preferito: leggera, economica e facilissima da gestire. A volte la riutilizzo più volte, altre la cambio, ma l’idea resta la stessa: trasformare ciò che non serve più in un gesto creativo.
Ogni nuovo progetto nasce quasi per gioco. Una sera ho provato con un filato più grosso, un’altra con uno più sottile, e ogni volta il risultato cambiava leggermente. Il polistirolo regge sorprendentemente bene, e la tensione dei fili dà una sensazione di precisione che non mi aspettavo. Ho anche imparato a usare i colori per creare piccoli motivi: righe, intrecci, geometrie improvvisate. Tutto con materiali che avevo già, senza comprare nulla. È un modo per dare forma alle idee senza pianificare troppo. Un filo alla volta, come un pensiero che si chiarisce.
Ogni volta che prendo in mano l’uncinetto, mi accorgo che il tempo rallenta. E penso che, in fondo, bastava poco: una manciata di lana avanzata, una vaschetta di polistirolo e la voglia di provare. Da un esperimento nato per caso, ho scoperto un modo diverso di guardare ciò che resta. Non più come scarto, ma come inizio.
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