Perché allenare solo gli addominali visibili non basta a ottenere una pancia più piatta. Il lavoro vero parte da un muscolo profondo spesso trascurato.
Quasi sempre in primavera, cominciamo a guardarci allo specchio con uno sguardo più critico del solito. Di solito capita dopo aver messo i primi vestiti leggeri. Niente più cappotti, niente più strati. La pancia è lì, non si nasconde più. E ogni anno, puntuale come il cambio stagione, scatta la corsa alla dieta, agli allenamenti miracolosi, a tutto quello che promette risultati rapidi. Anch’io ci sono cascata. Allenamenti di ogni tipo, tapis roulant, sessioni infinite di addominali, frullati verdi, app con countdown, challenge dei trenta giorni. Con risultati sempre uguali: tanto impegno, pochi cambiamenti visibili.
Il problema è che spesso, senza nemmeno accorgercene, alleniamo la parte sbagliata. Ci concentriamo su quello che vediamo e non su quello che davvero sostiene il corpo. Non è questione solo estetica, è proprio un errore di prospettiva. E sai quando l’ho capito? Quando, dopo l’ennesimo ciclo di addominali classici, mi sono ritrovata con la schiena bloccata e nessuna pancia più piatta. Da lì ho cominciato a informarmi meglio, a farmi seguire, a studiare il funzionamento reale della muscolatura addominale. Ed è lì che ho scoperto un muscolo che nessuno nomina mai ma che cambia tutto. Ora ti spiego cosa ho imparato, senza tabelle complicate e senza promettere miracoli. Solo con un po’ di logica, osservazione e qualche buon esercizio.
Il vero protagonista è il trasverso: come funziona e cosa fa
Il retto dell’addome è quello che tutti conosciamo. È il muscolo che crea la cosiddetta tartaruga. Ha una funzione precisa: flette il busto, rende stabile il tronco, lavora nei movimenti più evidenti. Quando fai crunch, sit-up, alzi le gambe da terra, è lui che senti bruciare. Ma non è questo che rende la pancia piatta. Anzi, se lo alleni da solo, rischi addirittura di potenziare troppo i muscoli superficiali senza alcun effetto contenitivo reale. Ed è esattamente quello che succede alla maggior parte delle persone che si spaccano di addominali classici ma continuano a sentirsi gonfie o con l’addome sporgente.
Il trasverso dell’addome invece è profondo. Sta sotto tutto, fascia la zona addominale come una cintura interna. Il suo lavoro è silenzioso ma decisivo: mantiene la pancia verso l’interno anche a riposo. Non si attiva con i movimenti classici, devi imparare a coinvolgerlo in modo mirato. Quando è forte, lavora tutto il giorno. Ed è qui che entrano in gioco tre esercizi che mi hanno letteralmente cambiato la percezione del corpo.

Il primo esercizio è il plank a quattro zampe. Niente a che vedere con il plank classico che spesso stressa la schiena più di quanto serva. Qui ci si mette in posizione di quadrupedia, con mani e ginocchia a terra, spalle rilassate, sguardo in basso. Da lì, sollevi leggermente le ginocchia dal pavimento, solo qualche centimetro, e resti sospesa per due secondi. Poi torni giù, e ripeti. Il punto è non trattenere il respiro e sentire il centro del corpo che si attiva per mantenere l’equilibrio. È il trasverso che fa tutto il lavoro. Dopo qualche ripetizione, lo senti che tira dentro, che si compatta.
Il secondo è il ponte glutei con cuscino. Ti sdrai a terra, pancia in su, piedi vicini ai glutei. Ma la differenza è il cuscino: va stretto tra le cosce, con forza. Da lì sollevi il bacino verso l’alto mantenendo la pressione costante. Sembra un esercizio per i glutei, e in parte lo è, ma l’attivazione addominale è sorprendente. Il cuscino serve per coinvolgere anche la muscolatura interna delle gambe, che dialoga direttamente con il core. Quando riesci a controllare la salita e la discesa mantenendo tutto attivo, il corpo impara a contrarsi in modo naturale, senza compensare con la schiena.

Il terzo è forse il mio preferito. Si chiama quadrupedia alternata. Anche qui si parte a quattro zampe. Sollevi contemporaneamente un braccio e la gamba opposta, ma solo durante l’espirazione. È proprio lì, nel momento in cui butti fuori l’aria, che il trasverso si attiva. Più lentamente esegui il movimento, più controllo costruisci. La stabilità non viene dalla forza bruta, ma da quella tensione interna che ti tiene in asse. Dopo qualche sessione, il corpo inizia ad automatizzare il gesto. Ti senti più allineata, più solida.
Quello che mi ha stupito è che i risultati non arrivano con mesi di lavoro. Bastano due o tre settimane per sentire i primi cambiamenti. La pancia comincia a rientrare anche da ferma, la postura migliora, la schiena si alleggerisce. E non è una sensazione passeggera. È qualcosa che resta. Ti accorgi che sali le scale con più controllo, che stai seduta più dritta, che anche la respirazione cambia ritmo.
Alla fine non si tratta solo di pancia piatta. Si tratta di benessere, di forza silenziosa, di sentirsi più padroni del proprio corpo. A volte basta smettere di inseguire il muscolo che si vede e cominciare ad ascoltare quello che lavora davvero. E da lì parte tutto il resto.





